sabato 22 ottobre 2016

Sono un portatore quasi sano di infelicità

Qualche giorno fa su Fanpage.it è stato pubblicato un articolo che parla degli insulsi commenti denigratori nei confronti della campionessa paralimpica di scherma Batrice Vio (detta Bebe), in occasione della sua cena col nostro presidente Renzi e col presidente USA Obama.
Mi ha fatto venire in mente questo altro articolo, che avevo letto molto tempo addietro, e nel quale l'autore Uriel Fanelli cercava di dimostrare, col ragionamento e con le sue esperienze, questa sua tesi:

"...in Italia domina una ideologia, così condivisa da essere indistinguibile dalla normalità, il cui sunto è che ogni essere umano deve adoperarsi per limitare o diminuire la felicità di tutti quelli che conosce, ogni volta che può"

Premesso che Uriel Fanelli è il nick name di un ex-blogger che si inventava molte esperienze presentandole come reali, sono convinto che a molti lettori di quell'articolo sono venute in mente frasi del tipo "Non ci avevo mai pensato, è vero!" oppure "Ha ragione, che maledetti che siamo in Italia!", oppure "L'ho sempre pensato anch'io!", etc.

E io che ne penso? Penso che l'autore sia stato un po' esagerato. Diciamo molto esagerato. Ma che un fondo di verità c'è in ciò che ha scritto.

...E ripensandoci oggi, mi sono accorto che a volte anche per me la felicità altrui è irritante.

Non in generale... non la felicità di persone che stimo (amici o personaggi famosi che non conosco personalmente come la grande Bebe Vio), ma la felicità di persone di cui non so nulla. Ad esempio mi irritano un pochino le voci felici in piazza delle persone che sento dalla mia finestra. Accorgendomi di questa mia strana reazione, ne ho cercato dentro di me il motivo, e questa è stata la mia risposta: se non conosco una persona, fino a prova contraria è un imbecille. Le statistiche mi danno ragione. Quindi fino a prova contraria non la vedo di buon occhio... e la cosa di cui ride o si compiace è molto probabile sia qualcosa di stupido o addirittura dannoso o blasfemo.
Come ad esempio la cassiera che qualche giorno fa parlava di quanto era buona la carne l'altra sera a quella sagra (sì, sono un vegano intollerante... mi dà fastidio chi si fa complice di torture quotidiane e della fame nel mondo, specialmente quando il tutto è infiocchettato da grandi sorrisi e un'atmosfera di festa... comunque ripeto, è solo un esempio).

Ciò nonostante, io non c'entro con quanto ha raccontato Uriel Fanelli.

Non è che mi comporto in maniera da rendere infelici gli altri, come fa un funzionario pubblico che ti fa perdere tempo e soldi applicando le norme burocratiche al millimetro (per gli sconosciuti, non per sé o per il proprio figlio o amico), o come fa un'infermiera che nella corsia di un ospedale non ti risponde al saluto, o un pedone che dal marciapiede ti fa un versaccio perché non ti sei fermato sulle strisce facendogli risparmiare un quarto di secondo che poteva benissimo aspettare, o come fanno i personaggi con cui Uriel ha raccontato di essersi trovato a interagire nel corso della sua vita.

No. Io mi comporto con la massima gentilezza e disponibilità. Perché è vero che considero gli altri imbecilli fino a prova contraria, ma appunto questa prova contraria potrebbe arivare. È poco probabile che succeda, ma non impossibile. E io ci spero.
Per questo il mio considerarli imbecilli non è un atteggiamento di superiorità, ma di auto-tutela: consiste semplicemente nel non aspettarmi un comportamento intelligente, per evitare delusioni. Se poi il comportamento intelligente arriva, tanto meglio. Gran sorpresa e festa.

Ecco che non sorrido mai senza un vero motivo, perché trovo che in questo mondo malato ci sia ben poco da sorridere, però fondamentalmente sono gentile. Anzi, più che fondamentalmente. Infatti evito di alimentare il fuoco della discordia quando già è appiccato: non cedo alla tentazione di prendere per il collo il pedante funzionario pubblico, o fare lo sgambetto alla zotica infermiera, o mostrare il dito medio allo scemo pedone. Guardo e passo. Al massimo mi sfogo scrivendo (e non è il caso di questo articolo). O, se una persona sta parlando con me e scherza su un olocausto, gli faccio presente che non trovo questo argomento divertente, ma triste.

Insomma, non faccio parte delle persone che ostacolerebbero la serenità che Uriel dice di aver trovato solo fuori dall'Italia. Il mio fastidio per la felicità altrui è solo un riflesso condizionato. Ne sono un portatore quasi sano e nella maggioranza dei casi non contagioso.

1 commento:

Unknown ha detto...

Ho letto il tuo articolo per tre volte, anche se in alcuni momenti ho provato irritazione, devo ammettere che quel che hai detto è aderente alla realtà, almeno... alla mia realtà. Anche io provo un "fastidio"dinanzi a comportamenti di sconosciuti. Odio la prepotenza: le auto che ti spruzzano l'acqua sopra quando tu sei a piedi e piove, non sopporto le mamme caterpillar che travolgono altri bambini pur di fare arrivare i loro pargoletti "sani e salvi"a scuola, odio chi offende pesantemente ed ingiustamente, che spinge e strattona, chi non rispetta la fila senza chiedere il favore, o chi ti pietrifica col giudizio. Odio chi ti fa sentire scemo... e non importa se scemo lo sei veramente.