lunedì 26 dicembre 2011

Alluce dolorante - Evvia la diagnosi differenziale!

Fino a martedì 20 dicembre 2011, il mio piede destro stava benone, tutte le dita incluse.

Martedì 20 dicembre 2011 sera: infilo sotto le coperte e immediatamente dopo sento l'alluce destro inizia darmi un dolore continuo, che aumenta alla palpazione. Provo a non farci toccare la coperta, mi metto di fianco... il dolore continua. Riesco comunque ad addormentarmi.

Mercoledì 21 matina: mi sveglio alle 5.30 per il dolore, che passa quasi completamente a riposo, mentre se premo al suolo il dito sento un po' male. Salto l'allenamento di Judo e vado direttamente alla cena della palestra.

Sera: tornato dalla cena della palestra, mi trovo al computer e alle 23.30 riinizia il dolore all'alluce. Mi metto a letto e riesco ad addormentarmi dopo un po'.

Giovedì 22 mattina, ore 3.30: vengo svegliato dal dolore, più forte del solito, che ha la stessa intermittenza del battito cardiaco. Dopo un po' decido di andare al pronto soccorso.

Al pronto soccorso c'era un solo paziente, quindi ho dovuto aspettare solo 40 minuti prima di farmi visitare. La dottoressa mi guarda il dito, le spiego che non ho avuto traumi, mi dice che "non s'è mai visto un ortopedico prima delle 8" (mi sembra di leggerci un velato "Cosa pretendi?"); osserva che nonostante la giovane età sospetta una artrite gottosa e stampa il foglio di dimissione con indicazione di applicare ghiaccio, il bolletino del ticket di 25 euro che devo pagare per aver fatto una visita in codice bianco e la prescrizione di una visita ortopedica, informandomi che l'orario dell'ortopedico nel giorno stesso è dalle 8 alle 14. Saputo che non ho preso antidolorifici mi chiede perché, e quando le rispondo che non volevo falsare la diagnosi mi dice che un antidolorifico non crea questo problema; l'infermiera arriva con una siringa dicendo "Antidolorifico sotto la lingua", e lì me lo spara, a differenza di ciò che poi leggerò sul foglio di dimissione, ovvero antidolorifico via endovenosa. Torno a casa per un piccolo sonnellino

Ore 7.45: mi presento in sala d'attesa e mi chiedo con quale criterio al signore accanto a me abbiano potuto dare l'appuntamento alle 7.30, visto che l'orario di lavoro dell'ortopedico inizia alle 8. Chi gli ha dato l'appuntamento ha previsto che l'ortopedico sarà in anticipo di mezz'ora? In tal caso, ha indovinato a metà. Nel senso che è sì di mezz'ora, ma non in anticipo: in ritardo. Arriva alle 8.30.

Quando è il mio turno ed ormai ho chiamato per avvertire che farò tardi al lavoro, chiacchiera con un suo amico fuori dall'ambulatorio e a un certo punto mi guarda e con la mano mi fa il gesto di entrare.
Mi guarda l'alluce e mi dice che hanno sbagliato a mandarmi da lui, che la gotta viene alle grandi articolazioni, quindi fra la testa metacarpale e la falance, e non sull'alluce, e che lo specialista di competenza è il dermatologo, non l'ortopedico, perché si tratta di un fungo. Arriva un suo collega, con cui inizia a chiacchierare e per fortuna mi viene in mente a un certo punto di chiedergli se posso rimettermi calzino e scarpe, così posso andarmene.

Vado al lavoro, torno al pronto soccorso poco dopo le 13 e spiego alla receptionist che per stessa ammissione dello staff dell'ospedale è stato fatto un errore, e che dunque vorrei essere indirizzato allo specialista giusto senza dover pagare un altro ticket. Risposta: il ticket è per la visita di pronto soccorso, e non per quella specialistica; sono stato fortunato che l'ortopedico ha scritto la sua relazione a mano e non al computer, altrimenti avrei dovuto pagare altre 25 euro (quindi i 25 euro che devo pagare adesso sono in cambio di aver ascoltato una sciocchezza e aver perso qualche ora). Il medico di pronto soccorso che trovo è dispiaciuto e mi dice che vorrebbe ma non può cancellare la documentazione sulla visita effettuata di mattina, e che quindi è impossibile dis-obbligarmi a pagare. Comunque a un certo punto accartoccia il foglio rosso che aveva preparato per prescrivermi la visita dermatologica e mi dice "Fammi vedere questo dito". Appreso che la collega aveva sospettato un'artrite gottosa, mi chiede se mangio molta carne; gli spiego che sono vegetariano; mi chiede se mangio molti legumi e patate; rispondo di no; conclude che allora una gotta nel mio caso sarebbe un po' strano. Conclude che prima di prendere in considerazione l'idea del fungo (si tratterebbe di un fungo interno, per trattare il quale c'è bisogno di farmaci belli pesi per il fegato) è meglio considerare l'idea del gelone (e pensare che la collega consigliava il ghiaccio!); mi invita a guardare insieme a lui il computer mentre cerca su Internet un po' di materiale sui geloni e alla fine mi consiglia di indossare calzini spessi e scarpe pese. Ci salutiamo cordialmente.

Pranzo a casa dei miei genitori. Prima che ci mettiamo a tavola, il babbo mi dice che su Internet ha letto che un aiuto contro i geloni può essere un pediluvio con acqua calda e salvia. Gli do retta, e il dolore in effetti diminuisce.

Torno a casa mia. Come da consiglio del secondo medico di pronto soccorso, metto le scarpe più pese che ho; purtroppo mi stanno strette e mi fanno aumentare un po' il dolore. Faccio un pediluvio con acqua calda e sale e il dolore diminuisce. Indosso le pantofole con calzini pesanti.

Venerdì 23: l'alluce sta molto meglio; le scarpe pese, però, che sono anche strette, danno un po' fastidio. Neanche stavolta sono in condizioni per allenarmi.

Mezzanotte circa: il fratello infermiere mi telefona dal Pronto Soccorso di Careggi dove lavora e mi chiede di andare fino a Firenze da lui per dargli le chiavi di riserva della sua automobile: chiudendo il portabagagli, le ha lasciate dentro. Mi metto le scarpe pesanti che mi stringono un po' e parto. Arrivato là, mi fa conoscere i suoi colleghi che si stanno scambiando i regali. Anche lui aveva dei regali da consegnare, ma erano dentro la sua automobile... Mi fa poi visitare l'alluce dal medico che è lì presente. Diagnosi: patereccio (= infezione acuta purulenta dell'estremità del dito). Mi consiglia i già fatti impacchi con acqua calda e sale e poi di premere sulla zona dolorosa per svuotarla dei batteri maledetti. Per accelerare la guarigione si avvicina con un ago, intenzionato a bucare la zona dolente, ma io ringrazio il dottore, rifiuto l'offerta e lo saluto.
Una collega del fratello, saputo del patereccio, fa una faccia preoccupata e ci dice che bisogna prendersene cura attentamente. Mi dà un tubetto di pomata antibiotica, consigliandomi di applicarla tipo impacco.

Sabato 24: durante tutto il giorno zoppico. Il doloretto c'è sempre. Fatti impacchi con pomata antibiotica, fatti impacchi con acqua calda e sale... L'alta temperatura mi distrae dal dolore, ma dopo le 22 il dolore aumenta. L'alluce è più gonfio del solito, e premere sulla zona dolorante dopo gli impacchi caldi non è servito a nulla. Telefono al fratello, che è di nuovo al lavoro, e che chiede consiglio all'ennesimo medico, informandolo del patereccio e del peggioramento. Nuovo consiglio: antibiotico per bocca 2 volte al giorno per 5 giorni. Proviamo così. Ne mangio subito uno... Speriamo bene.

Domenica 25, tardo pomeriggio: dopo impacco con acqua calda e sale + bicarbonato, il fratello chirurgo con un ago apre la parte superficiale della cute lungo la zona gonfia, che viene liberata da materiale alquanto sgradito. Poche ore dopo il dolore non c'è quasi più. Decido che il pasticcone antibiotico preso dopo pranzo è stato il quarto e l'ultimo del 2011. Dopo cena torno a casina e lavoro sulla landing page del mio audiocorso sulla seduzione. Il lavoro mi prende così tanto che duro fino alle 5 e mezzo. Finalmente la landing page del corso Psicoperformance della Seduzione è online! Nel frattempo mi scordo totalmente del dolore all'alluce, che in effetti se n'è andato.

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