domenica 31 ottobre 2010

Divertimento in locali notturni

Come deve essere un locale notturno per piacermi?
Deve sussistere almeno una delle seguenti condizioni:
  • il volume della musica deve consentirmi di parlare con una persona senza il minimo sforzo, e sono in compagnia di una o più persone con cui posso condurre una conversazione interessante
  • c’è un gruppo che suona musica che mi piace
  • c’è un DJ che mette musica da ballare che mi piace e c’è una pista da ballo il cui affollamento non mi impedisce di ballare come voglio, ovvero intorno a me ho uno spazio libero per un raggio di almeno 1 metro
  • c’è uno spettacolo interessante (es. ballo acrobatico, giochi di magia, giocoleria, spettacolo di un comico)
Due domeniche fa, invitato da un amico, sono andato in un locale che, come purtroppo la maggior parte dei locali, non soddisfaceva neanche una delle suddette condizioni.

Grande locale con musica neanche tanto alta, pieno di gente divisa fra chi:
  • girava, girava in tondo
  • faceva la fila (orizzontale e senza scorrere) al bar per avere il drink o bevanda che dir si voglia (ma, secondo una tremenda perversione linguistica, la chiamano “consumazione”) che spettava di diritto per aver pagato l’ingresso
  •  parlava con conoscenti o amici
  • fumava (area fumatori o piccola area esterna)
Osservando il volto di tutte queste persone, l’idea che ho avuto è stata che ognuno non si stesse divertendo per niente e contemporaneamente credesse che invece gli altri in qualche modo probabilmente si divertivano.

Facevano eccezione alcune ragazze intorno ai 17-22 anni, ripensando alle quali mi viene in mente un asilo colpito da potenti radiazioni in grado di far gonfiare le sfortunate bimbe in senso verticale, così da farle somigliare a delle adolescenti. Si trovavano nell’area riservata a chi aveva prenotato il tavolo per la cena. In sollucchero specialmente quando il DJ metteva una canzone trita e ri-trita (es. “Gioca jouer”), nessuna di loro, così come nessuno in tutto il locale, gli ha lanciato bicchieri o altri oggetti. Neanche un singolo, simbolico tovagliolo appallottolato, magari pulito.

Lo stesso DJ ogni tanto diceva frasi di cui ignoro il significato. Il significato funzionale, intendo. Mi chiedevo perché. Pensavo “A cosa serve?”. Raramente generalizzo e sono categorico, per paura di non considerare delle eccezioni. Raramente, appunto. La rara occasione è adesso. Adesso voglio generalizzare: è evidentemente impossibile che una sola persona potesse trarre un qualche vantaggio da quelle frasi dette dal DJ. Ad esempio diceva che voleva sentir cantare le femmine, però anche i maschi.
In oltre chiedeva ogni tanto un applauso per le ragazze che festeggiavano il compleanno. Praticamente nessuno gli dava retta. Alcuni minuti più tardi ci riprovava. Praticamente nessuno gli dava retta. Stessa cosa: va tutto bene. Per i gestori del locale era ok. Nessuno è andato a pregarlo di smetterla.

“Insomma, mi pare di aver capito che non ti piacciono i locali”, mi ha detto pochi minuti fa un’amica. A parte le condizioni che rendono per me un locale piacevole, elencate all’inizio, aggiungo che, se non c'è niente di speciale, l’unica occasione in cui un luogo di per sé rende l’esperienza piacevole è quando si tratta di un bel paesaggio della natura.

Un’esperienza come quella che ho su descritto, per una valanga di persone è routine. A me non solo non piace… Mi crea quasi sgomento.
Perché non so cosa sperare. Non so se augurarmi che un numero maggiore possibile di persone fra quelle che passano una serata come quella che ho visto si diverta – e in questo caso cercare di capire cosa c’è nella loro testa mi lascia fra l’arreso e l’impaurito – o se segretamente veda in questa esperienza una triste routine.
Un piccolo mistero che non so se vorrei conoscere.

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